Procede la nostra avventura all’insegna della conoscenza dei “pubblici” dei musei e delle entità affini. Abbiamo accolto la proposta del nostro fratello maggiore, Network Museum, sempre considerando solamente chi visita e frequenta i musei. Quest’anno anche noi ci dedicheremo a capire cosa si percepisca durante una visita, se e come si avverta una logica generale, una traccia di intelligenza, che permei e definisca ogni aspetto della conduzione museale, la sua cifra, la sua identità.
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“A human being is a part of the whole called by us universe, a part limited in time and space. He experiences himself, his thoughts and feeling as something separated from the rest, a kind of optical delusion of his consciousness. This delusion is a kind of prison for us, restricting us to our personal desires and to affection for a few persons nearest to us. Our task must be to free ourselves from this prison by widening our circle of compassion to embrace all living creatures and the whole of nature in its beauty.” (Albert Einstein – “The World As I See It”)
(Traduzione: Un essere umano è parte di quel tutto che chiamiamo universo, una parte limitata nel tempo e nello spazio. Egli sperimenta se stesso, i suoi pensieri e sentimenti come qualcosa di separato dal resto, una sorta di illusione ottica della sua coscienza. Questa illusione è una sorta di prigione per noi, che ci limita ai nostri desideri personali e all’affetto per poche persone a noi vicine. Il nostro compito deve essere quello di liberarci da questa prigione ampliando il nostro cerchio di compassione per abbracciare tutte le creature viventi e l’intera natura nella sua bellezza – Albert Einstein – “Come io vedo il mondo”).
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Quando visitate un museo o una mostra temporanea allestita dalla stessa istituzione, vi capita mai di sentire di dover interrogarvi sulla storia dell’istituzione stessa, sulla sua missione, finanche sulla sua struttura e sul suo posizionamento in seno al centro urbano che la ospita, alla zona della città su cui insiste? Vi chiedete mai chi siano coloro che gestiscano il museo, chi abbia avuto l’idea di realizzare quanto state per vedere, chi abbia partecipato all’implementazione delle collezioni permanenti o temporanee, chi siano i fornitori, quanto sia costato il tutto, quanto sia stato visitato e quali pareri siano stati espressi dai “pubblici”? Ed ancora perché sia stato allestito, per chi e se veramente possa essere da tutti fruibile e per tutti possa rappresentare una fonte di crescita, di riflessione, di incremento della conoscenza, o sia solo un qualcosa per pochi?
Intendiamoci: bando a qualsiasi moto polemico. Ciò che desidero condividere con voi, cari lettori, proprio sulla base del tema adottato per questo anno e suggeritoci dalla redazione gemella di Network Museum (i colleghi che si rivolgono ai professionisti della gestione del patrimonio culturale – museale), è se vi accada di percepire l’essenza, la caratteristica, la cifra, la missione, lo stile narrativo e la caratteristica didattica presente in un museo. A parte le disponibilità finanziarie, il blasone, le collezioni, le materie, gli argomenti: cosa distingue il British Museum di Londra dal Museo Egizio di Torino, dal Tokio National Museum o dal Museo del Mare di Varazze?
In particolar modo in cosa si concretizza la percezione di tali differenze, al netto degli aspetti sopra indicati? Tornando alla citazione di Albert Einstein mi chiedo e vi chiedo se sentiate tale tensione a percepire ciò che possa portarci oltre la nostra “gabbia”, oltre gli oggetti, le nozioni o le attività che si svelano ai nostri sensi. Percepiamo un “continuum cognitivo”, che ci aiuti a trascendere le emozioni di stupore o il senso di torpore, unendoci a quel tutto, verso il quale forse siamo destinati, a quel “satori esistenziale”, che un giorno ci porterà a contemplarci consapevoli della nostra esistenza?
Percepite, inoltre, da parte del museo la volontà di entrare in contatto con voi, con ognuno di voi. Riuscite a dare un senso superiore e più profondo a quanto è esposto, a quanto è descritto, o lo vivete come altro, come un arto estraneo innestato in una anatomia ed in una fisiologia totalmente inidonea ad ospitare un simile trapianto, una simile emancipazione.
Mentre vi districate tra i percorsi espositivi non avete mai immaginato di poter dialogare con la direttrice dell’istituzione? Non avete mai immaginato chi fossero, perché ed a cosa stessero pensando coloro, che hanno predisposto per voi tutto quello che ora giace davanti ai vostri occhi? Non avete mai pensato a come dovesse essere l’intorno di ciò che ora vedete, per forza di cosa, temporalmente e funzionalmente snaturato, ora feticcio inconcludente se privo di una espressione che possa coniugare, unire, permeare intenzioni museali ed emozioni? Avvertite lo sforzo di rendere coesi tutti coloro, che ruotano attorno a tale tempo, fattosi materia, spingendoli alla ricerca di quel qualcosa, che tenda a superare ed a sublimare ogni limite, per fare anelare motivi e condizioni, dove per poter esistere, limiti più non siano e si smetta di accorgersi vivi perché limitati?
Forse questo sforzo collettivo, che trascende materia e tempi, estrazioni ed origini, coerenti ed opposti, questo sentimento, che ci porta a pensare alla vita oltre a noi stessi, alla nostra esistenza, ai nostri tempi, per abbracciarli tutti, in tutto e con tutti, sarà ciò, che potrebbe salvare la nostra esperienza esistenziale individuale, collettiva e di specie, trascendendo ciò che da sempre è destinato ad una esistenza limitata, per diventare ciò che non ha più bisogno di divenire, perché giunta a contemplarsi essenza di sé: l’intelligenza.
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“Un essere umano è parte di quel tutto che chiamiamo universo, una parte limitata nel tempo e nello spazio. Egli sperimenta se stesso, i suoi pensieri e sentimenti come qualcosa di separato dal resto, una sorta di illusione ottica della sua coscienza. Questa illusione è una sorta di prigione per noi, che ci limita ai nostri desideri personali e all’affetto per poche persone a noi vicine. Il nostro compito deve essere quello di liberarci da questa prigione ampliando il nostro cerchio di compassione per abbracciare tutte le creature viventi e l’intera natura nella sua bellezza“
(Albert Einstein – “Come io vedo il mondo).
Coordinate di questa pagina, fonti, collegamenti ed approfondimenti.
Titolo: “Percepire l’intelligenza”
Sezione: “La copertina”
Autore: Gian Stefano Mandrino
Ospite: –
Codice: INMNETP2501281600MAN/A1
Ultimo aggiornamento: 28/01/2025
Pubblicazione in rete: 1a stagione, 28/01/2025
Proprietà intellettuale: INFOGESTIONE s.a.s
Fonte contenuti: Network Museum People
Fonte immagine: Copilot – Network Museum People
Fonte video e contenuti multimediali: –
Collegamenti per approfondimenti inerenti al tema: https://www.networkmuseum.com