L’importanza di indagare il rapporto tra noi ed il nostro intorno nasce dal fatto che esso non dipenda dalle cose, ma da noi. Questa la ragione di un sito sperimentale, complementare a quello che da sedici anni si interessa di musei ed aspetti affini. Su questo assunto basiamo il nostro convincimento: il museo siamo noi!
Frequentavo la terza media, quando entrai da solo per la prima volta in un museo. Avevo terminato di leggere “Il Re, il Conte e la Rosina” di Henry D’Ideville, in una vecchia edizione dalla copertina rigida e di tela color saio francescano della libreria di casa. Le storie narravano di Vittorio Emanuele II, del Conte di Cavour, della Contessa di Mirafiori e di tutta la corte di quella parte di Risorgimento. Francamente non ricordo molto del testo, ma percepisco nella mia memoria, in modo incredibilmente nitido, le emozioni di quel giorno di primavera. Era un sabato. Ho ancora in mente l’odore del mio impermeabile un poco umido di pioggia che con l’ombrello mi dava un tono molto vetero “British”. E poi il centro di Torino, la città dove sono nato e di cui, per tutta la vita, non mi sono mai sentito parente stretto, al massimo un figlio adottivo (sono un incrocio tra una ligure ed un alessandrino piemontese), da sopportare per amor di diritto più che per sentimento materno, come quegli orfanelli da romanzo ottocentesco: insomma “non proprio della famiglia, ne?!”. Ed ancora Palazzo Carignano, sede del Museo del Risorgimento, argomento di storia di quei mesi, da preparare bene per l’esame di licenza media. Su tutto, però, l’ebrezza di fare qualcosa da adulto e, al tempo stesso, di correre
appresso a suggestioni quasi organolettiche originate dalle lezioni di un insegnante di lettere, che sapeva fare bene il suo mestiere di storico e di docente.
Entro con malcelata disinvoltura, sotto lo sguardo perplesso dell’addetto di turno. Biglietto pagato in Lire, estratte dal portafogli “da uomo” ricevuto in dono a Natale e fino ad allora mai usato (“genovesità” che conservo ancora e che certamente ho ereditato da Mamma). Mi accoglie l’odore delle sale e la sorpresa dell’aula del Parlamento: altro che realtà aumentata. Chissà perché mi vennero in mente insulti e turpiloqui omessi nei verbali di coloro che avevano creato in quello spazio sacro quella “Cosa”, che ai miei tempi qualcuno chiamava ancora Patria e che avrei servito obbligatoriamente da artigliere da montagna qualche anno più tardi.
Erano gli ultimi anni dei pantaloni a zampa d’elefante e vita bassa, del rapimento dell’On. Aldo Moro, dei cortei, dell’eversione fascista e comunista, dei posti di blocco, dei covi delle Brigate Rosse, dei sabati con traffico e negozi pieni, di chi sperava ancora sull’inerzia di una crescita da anni ’60, malgrado la trascorsa “austerity”. C’erano ancora i miei genitori, a cui ora, vecchio ricercatore ed amministratore del mio istituto, dedico questo nuovo sito e questa copertina.
Forse i “creativi” di allora (rari ed armati solo di ispirazione, abilità, carta e matite) avrebbero pensato una immagine di copertina simile. Imperavano nelle pubblicità i caratteri cubitali, imitanti grida, slogan e versi, il “bianco e nero” non era così artistico come ora ed il concetto di folla, complice il ’68, gli scioperi e la crescita demografica (alle elementari le lezioni erano distribuite su due turni, per abbondanza di scolari) era una realtà ma ancor più un concetto, almeno per l’Italia, tutto nuovo, tutto da studiare. Erano gli anni del consumismo e, paradossalmente, almeno per assonanza, del comunismo.
Un altro episodio, qualche hanno dopo, orientò definitivamente la mia esperienza umana e professionale. Mangiavo pane e “Scienze & Vita”. Jacques-Yves Cousteau, Folco Quilici e l’indimenticabile Piero Angela, che guardavo con mio Padre, sono stati di grande ispirazione: dedicarmi a conoscere, ma soprattutto a come si conosca era diventata, per me, la cosa più intelligente da fare, per rendermi conto di cosa fosse la vita, che guardo ancora oggi come all’oratorio osservavo i miei coetanei giocare, senza cercare protagonismo o pretendere di essere uno di loro. Preferivo capire che recitare una parte. In particolare proprio i meccanismi dell’apprendere, quei sistemi che hanno permesso alla nostra specie, nel bene e nel male, piaccia o meno, di diventare ciò che noi siamo, saranno quelli che mi interesseranno maggiormente. A diciassette anni, armato, per invecchiarmi un po’, di occhiali appesi al collo con catenina di Mamma, al collo come un cappio l’unica cravatta posseduta, giacca di velluto blu tipo esistenzialista dell’ultima ora o stile Carl Sagan, mi sono recato ad intervistare sul tema della divulgazione scientifica attraverso la radio, per un giornalino studentesco mai uscito, il direttore amministrativo di una radio torinese storica . Spero che quella Persona abbia ricevuto nella sua vita mille e mille volte la pazienza e la benevolenza che mi dedicò, capendo di avere dall’altra parte della sua scrivania un giovane e pio seguace di Galilei, assolutamente incosciente e sognatore.
Persone, specie, apprendimento e senso della vita: questo mantra non mi abbandonerà mai più per tutta l’esistenza e spero continui a tenermi compagnia per quel poco che avrò da trascorrere in questa pazza dimensione. Uno dei problemi che come direttore di scuola compresi era che l’attività educativo – didattica era ed è ancora massificante, standardizzata e unidirezionale, malgrado i pronunciamenti del diritto e del Ministero. Così è per quanto accade nelle scienze museali non prettamente destinate alla conservazione del patrimonio. A chi tra di voi è mai stato chiesto di sottoporsi ad un questionario a fine visita museale? Quante volte le newsletter museali o i social vi interrogano su come e su cosa interagire con voi? In sintesi il nostro sistema vi pensa, cari visitatori e frequentatori di musei, ancora in termini di numeri e di neonati da imboccare. Ritiene sempre di agire in modo corretto e non si pone neppure lontanamente il problema di come si posizioni la sua presenza nel sistema di formazione continua, a cui ogni persona ha diritto ed attraverso la quale la collettività può trarre reale vantaggio: ricordiamoci sempre della appena trascorsa pandemia e di quanta ignoranza abbia evidenziato!
Questo sito, quindi, è tutto per voi, affinché possiate e ci vogliate aiutare a comprendere il rapporto tra persone e museo ed a suggerire, sempre secondo prassi scientifica, al sistema museale idee ed azioni atte a spostare il centro di attenzione dalle cose alle persone. Attraverso queste pagine vi chiederemo di collaborare, per conoscere le vostre esperienze e la vostra idea di museo e di sistema formativo-culturale. Vi proporremmo di condividere con noi esperienze culturali, di giudicare quanto da voi visto e cosa vorreste che il nostro sistema museale realizzasse per voi.
Questo sito è esattamente l’altra faccia della medaglia, attraverso la quale per oltre sedici anni abbiamo parlato ai musei dei musei, attraverso www.networkmuseum.com. È tempo di completare il paradigma (altre sorprese vi attenderanno attraverso lo “spin off” Network Museum), di coniare l’altra faccia della medaglia: è il vostro momento, è un sito tutto per voi, perché il vero museo siete voi, tutti noi!
Ad maiora!
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“…Su tutto, però, l’ebrezza di fare qualcosa da adulto e, al tempo stesso, di correre appresso a suggestioni quasi organolettiche originate dalle lezioni di un insegnante di lettere, che sapeva fare bene il suo mestiere di storico e di docente…“.
Coordinate di questa pagina, fonti, collegamenti ed approfondimenti.
Titolo: “Un sito tutto per voi!”
Sezione: “La copertina”
Autore: Gian Stefano Mandrino
Ospite: –
Codice: INMNETP2406111607MAN/A1
Ultimo aggiornamento: 21/06/2024
Pubblicazione in rete: 1a stagione, 22/06/2024
Proprietà intellettuale: INFOGESTIONE s.a.s
Fonte contenuti: Network Museum People
Fonte immagine: fruizione gratuita su rete internet
Fonte video e contenuti multimediali: –
Collegamenti per approfondimenti inerenti al tema: https://www.networkmuseum.com